Analisi dell'esecuzione immobiliare nell'era Covid-19

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Analisi dell'esecuzione immobiliare nell'era Covid-19

La pandemia Covid-19 impatta anche sulle esecuzioni immobiliari e sulle procedure concorsuali: nel trimestre marzo-maggio 2020 cala del 85% il numero delle aste e del 33% il numero dei fallimenti (fonte: Osservatorio NPE realizzato da Cribis Credit Management).
L’impatto del blocco delle procedure giudiziali dettato dal Decreto Legge c.d. Cura Italia acuisce vertiginosamente un orientamento già percepito nel quadrienno 2015-2019, nel quale si registra la chiusura di circa 384.000 esecuzioni immobiliari a fronte di 305.000 procedure aperte.
Il Centro studi AstaSy Analitics di NPLs RE_Solutions, nel suo Report Aste 2020 - Time Out, rileva che le aste immobiliari in Italia nel 2019 sono state 204.632, in diminuzione del 16,5% rispetto al 2018, per un controvalore complessivo a base d’asta pari ad Euro 28,4 miliardi.
Nel 2020 si computa un mancato recupero di circa 8,6 miliardi di Euro, derivato dal rinvio di 123.000 aste immobiliari a fronte di 116.637 aste (117.376 secondo i dati dell’analisi di Scenario Aste 2020, realizzata da Reviva) svolte nel 2020, durante il solo periodo di attività dei tribunali ed equivalenti a circa 95 mila immobili, per un controvalore a base d’asta pari a circa 16,9 miliardi di Euro.
E pensare che secondo quanto riporta l’analisi annuale Scenario Aste 2020 – raccontata da Giulio Licenza, CBDO e co-founder di Reviva – l’andamento delineato dal mercato 2020 rispetto al 2019, analizzando esclusivamente le aste celebrate, segna un primo bimestre 2020, ante lockdown, caratterizzato da un aumento del 15% di aste pubblicate rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
Causa Covid, l’arresto da marzo a settembre decreta un calo dell’86% di aste, sospese dai tribunali per periodi variabili in base alle singole Province. L’ultimo trimestre 2020 registra, infine, un calo del 24% rispetto allo stesso periodo del 2019.
In percentuale nel 2020 registriamo complessivamente un calo del 40,6% per i lotti messi all’asta ed un meno 53,9% per quanto riguarda il numero delle aste svoltesi.
AstaSy Analitics precisa come sia impossibile parlare di un “calo percentuale” poiché le stesse aste si sono bruscamente interrotte ed alcune ancora lo sono, a causa di forza maggiore. Pertanto, in rispetto della realtà del momento, il Centro studi AstaSy ha ritenuto di congelare il dato e non conferirgli dignità statistica, considerando così il 2020 come un “time out” imposto.
Al netto di tale condivisibile considerazione, rimane la valenza del dato e dell’inevitabile impatto che lo stesso avrà sul futuro dei recuperi crediti.  
Mirko Frigerio, fondatore e vicepresidente esecutivo NPLS RE Solutions e presidente del Centro Studi AstaSy Analytics così commenta: “Il mancato recupero nell’anno 2020 è potenzialmente stimabile in 8.600.378.123,25 di Euro, assunto dalla differenza dei valori posti in asta nel 2019 rispetto ai valori del parziale 2020. È questa quindi la cifra che i creditori non recupereranno nei business plan dell’anno 2020, ma non possiamo ancora parlare di perdita, perché al momento si tratta solo di un allungamento dei tempi”.
Quali, quindi, i possibili interventi correttivi?
Un affidamento alla sola giustizia non può che determinare ulteriori allungamenti temporali, senza considerare che oggi i beni posti all’asta sono quasi esclusivamente attenzionati da addetti ai lavori, investitori e speculatori.
La stima di perdita sul valore del recupero è, secondo gli analisti, larga circa una percentuale del 25%.
Un’opzione di maggior efficienza si ritrova nell’idea che banche e servicing possano mettere in atto, come alcuni già fanno, attività stragiudiziali aventi ad oggetto closing transattivi con i soggetti debitori, cessioni di credito (anche single name) ed attività di Re.O.Co.; ma anche offerte d’acquisto dirette alle procedure concorsuali.
Sempre a detta di Frigerio, è questo un più auspicabile scenario, capace persino di migliorare le performance del recupero, in ragione di una gestione proattiva dei portafogli trattati come singoli asset e non solo come numeri in un business plan. Si ridurrebbero i tempi di incasso, aumenterebbero i flussi di rientro e sarebbero sensibilmente contratte le spese per il recupero declinato nell’alveo giudiziale.
E’ chiaro ciò comporta necessariamente un cambio radicale di percezione, interpretazione e modalità di interazione con il mondo delle aste e dei recuperi crediti in generale: nel quadriennio 2015-2019, infatti, il 79% delle procedure chiude secondo un fisiologico decorso procedurale, il 9% muore per inefficacia e solo un 6% è rappresentato da chiusure stragiudiziali.
I motivi per cercare una prospettiva in grado di massimizzare l’efficienza del risultato ci sono, però, tutti.
Sensibile è il dato dei valori in gioco, che denuncia un’atomizzazione del mondo dei recuperi giudiziali: la quota dell’89% della composizione delle esecuzioni immobiliari, composta da 103.895 lotti, è costituita da beni il cui valore in asta è inferiore a 250.000 euro (in totale circa 12 miliardi di euro). Sono invece 10.333 i lotti, pari all'8% della composizione delle esecuzioni immobiliari, costituiti da beni il cui valore in asta è inferiore a 1 milione di Euro (in totale 7,6 miliardi di Euro). E solo il 2% è costituito da beni il cui valore di base in asta è superiore a 1 milione di Euro (in totale 8,7 miliardi di Euro).
Per quanto riguarda la tipologia di immobili all'asta, la scomposizione mostra un quadro in cui quasi il 70% dei lotti in asta è residenziale (benché la pubblicazione di immobili residenziali si sia oggi abbassata del 50%), il 10% è rappresentato da immobili industriali e commerciali, il 5% da negozi, uffici, laboratori e magazzini ed un significativo 11%, è composto dall’eterogenea tipologia dei terreni, agricoli ed edificabili. Il rimanente 4% è costituito da strutture ricettive e a destinazione specifica (cinema, teatri, ecc).
In merito invece alla provenienza degli immobili messi all'asta, si tratta per il 70% di esecuzioni immobiliari, mentre per il 28% di procedure concorsuali.
Un trend positivo è rappresentato dalla lieve riduzione di durata media delle esecuzioni immobiliari, che passa da una media di 5 anni nel triennio 2015-2017 ai 4,76 dell’ultima rilevazione: miglioramento che va attribuito ad una maggiore efficienza rappresentata dalle regioni del Sud Italia, per quanto il gap di performance rimanga ampio, rilevando una durata media dell’iter di esecuzione che conta 5,8 anni, rispetto ai 3,2 anni delle regioni del Nord-Ovest ed i 3,8 anni del Nord-Est.
In ottica geografica, delle 116.637 aste totali, oltre il 46% ricadono nelle regioni del Nord, seguite dal Centro (24%), dal Sud (18%) e dalle Isole (12%).
Le prime 5 regioni per numero di esecuzioni coprono oltre il 51% del totale: Lombardia (18,7%), a seguire la Sicilia (9,4%), L’Emilia-Romagna (8,7%) Toscana e Lazio (circa 7% ciascuna).
Le prime 17 Province, da sole, misurano circa il 40% del totale nazionale.

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