Novità in tema di diritto all'oblio e tutela dei dati personali
Il nostro Studio si è spesso occupato delle doglianze di clienti relative a informazioni, articoli o immagini reperibili in rete, aventi contenuto inesatto, obsoleto, non aggiornato o potenzialmente lesivo.
Infatti, in tali casi, ai sensi dell’art. 17 del Regolamento (UE) 2016/679 (GDPR) e della nota Sentenza C 131/12 del 13.5.2014 della Corte di giustizia europea è possibile richiedere, rispettivamente, la cancellazione o rettifica ai siti web e ai titolari delle riviste/blog e la deindicizzazione dei relativi URL ai gestori dei motori di ricerca, facendo valere il diritto dell’interessato a non essere più menzionato e a non vedere più il suo nome accostato a informazioni "inesatte, inadeguate, irrilevanti o eccessive", con pieno ripristino della propria reputazione.
La Corte di Giustizia Europea si è di recente pronunciata di nuovo, in un caso contro Google, ampliando la tutela offerta al soggetto che lamenti un illecito utilizzo e conservazione dei propri dati personali.
Con la sentenza C 460/20, la Corte ha ribadito, che, anche in un’ottica di bilanciamento con il diritto di informazione, i diritti dell’interessato alla protezione della vita privata e alla protezione dei dati personali prevalgono, di regola, sul legittimo interesse degli utenti di Internet potenzialmente interessati ad avere accesso all’informazione in questione. Tale equilibrio può nondimeno dipendere dalle circostanze rilevanti di ciascun caso, in particolare dalla natura dell’informazione di cui trattasi e dal suo carattere sensibile per la vita privata dell’interessato, nonché dall’interesse del pubblico a disporre di tale informazione, a seconda del ruolo che tale persona riveste nella vita pubblica.
Il diritto alla libertà d’espressione e di informazione viene però meno, nel bilanciamento, allorché una parte delle informazioni incluse nel contenuto indicizzato si riveli inesatta e con una importanza rilevante.
Secondo la Corte spetta al soggetto interessato dimostrare l’inesattezza manifesta delle informazioni o, quanto meno, di una parte di esse che non abbia un’importanza minore. Tuttavia, al fine di evitare di far gravare un onere eccessivo idoneo a minare l’effetto utile del diritto alla deindicizzazione, esso è tenuto a fornire gli elementi di prova che si può ragionevolmente richiedergli di cercare. Ne deriva che, il soggetto non è tenuto, in linea di principio, a produrre, fin dalla fase precontenziosa, una decisione giurisdizionale favorevole contro l’editore del sito Internet che contiene l’articolo o l’informazione.
Dunque è bastevole che la persona che richiede la deindicizzazione presenti al gestore del motore di ricerca elementi di prova pertinenti e sufficienti, idonei a corroborare la sua richiesta e atti a dimostrare il carattere manifestamente inesatto delle informazioni incluse nel contenuto indicizzato. Se ciò avviene, il gestore del motore di ricerca è tenuto ad accogliere tale domanda.
La Corte impone, inoltre, al gestore del motore di ricerca avverta gli utenti di Internet dell’esistenza di un procedimento amministrativo o giurisdizionale vertente sull’asserito carattere inesatto di un contenuto, sempre che esso sia stato informato di tale procedimento.
Sempre con tale sentenza, è stata affrontata la questione delle visualizzazioni di foto della persona interessata in forma di miniature («thumbnails»), a seguito di una ricerca per nome.
La Corte ha stabilito che si tratta di un’ingerenza particolarmente significativa nei diritti alla tutela della vita privata delle persone.
Il gestore di un motore di ricerca, quando riceve una richiesta di deindicizzazione riguardante questo tipo di foto, deve verificare se la visualizzazione delle fotografie in questione sia necessaria per l’esercizio del diritto alla libertà di informazione degli utenti di Internet potenzialmente interessati ad avere accesso a tali foto. Anche qui si impone un bilanciamento distinto dei diritti e degli interessi concorrenti.
Ci sono due ipotesi: a) quando sono in discussione articoli corredati di fotografie che, inserite nel loro contesto originale, illustrano le informazioni fornite in tali articoli e le opinioni ivi espresse; b) quando si tratta di foto visualizzate in forma di miniature nell’elenco di risultati di un motore di ricerca, al di fuori del contesto nel quale esse sono state pubblicate nella pagina Internet originaria.
Ebbene, per la Corte di Giustizia occorre tener conto del valore informativo di per sé, senza prendere in considerazione il contesto della pubblicazione nella pagina Internet da cui sono estratte.